COUNSELING e COUNSELOR
Dott. Sergio Angileri
▪
COSA FA IL COUNSELOR PER I SUOI
ASSISTITI
Le Professioni
di "Aiuto alla Persona", sono quelle professioni che condividono
un obiettivo comune, da conseguire con metodologie diversificate e
specifiche per ciascuna di esse.
Queste Professioni sono: il
Counseling; la Psicoterapia e l'Analisi; la Psicoanalisi;
la Consulenza Psicologica.
Queste professioni non
posseggono un unico e condiviso modello oggettivo standardizzato
scientificamente, come accade per le professioni scientifiche, medico-sanitarie,
fisico-chimico, matematico e così via.
Per questo esse sono
Professioni Intellettuali. Infatti esse si fondano su una moltitudine di
modelli teorici, speculativi, intelligenti e colti e si fondano anche, e molto,
sull'intelligenza personale del Professionista e sulle sue capacità intuitive e
creative. Infatti nulla di ciò che ha aiutato una persona con un dato
professionista, è ripetibile da un altro professionista o dimostrabile
scientificamente. Tuttavia, nonostante ciò, per motivi mai capiti
ragionevolmente, ad un certo punto, anni fa, la politica italiana concesse agli
psicologi di poter rilasciare una "ricevuta sanitaria" (invece che una fattura
per riscossione di parcella professionale come correttamente avevano sempre
fatto per decenni, come fanno gli avvocati, ingegneri, architetti e così via) al
loro cliente, al quale avevano fornito la prestazione professionale
intellettuale, così come chiaramente su descritta.
I modelli, le teorie e gli
impianti storico-culturali, su cui si fondano le professioni intellettuali, sono
molti e diversi perchè, non potendosi fondare su dati oggettivi e scientifici,
si fondano su tradizioni filosofiche, mitologiche e religiose, oltre che su
tradizioni di geniali speculazioni intelligenti e intuitive, come nel caso delle
teorie psicoanalitiche di Freud, Jung e diversi altri. Per questo si usa dire
che ci sono diverse "scuole" e "orientamenti" in Psicologia e nel Counseling.
Ciò è dovuto infatti alla tradizione intellettuale cui fa riferimento ogni
"orientamento" -così abbiamo l'orientamento psicoanalitico classico, quello
jungiano, il transpersonale, il transazionale, gestaltico, cognitivista ecc ecc
In ogni caso, a prescindere da
queste differenziazioni culturali, tradizionali e intellettuali, i
professionisti che praticano queste professioni (counselor, psicoterapeuti,
psicologi ecc), applicando i metodi e le tecniche coerenti con l'impianto
culturale di riferimento, qualunque esso sia, riescono a fornire in genere un
importante e valido "Aiuto alla Persona", condividendo lo stesso obiettivo.
L'obiettivo che
condividono, è: rendere alla Persona la possibilità di conseguire quei
cambiamenti, che possano consentirgli di gestire le loro vicende di vita in
autonomia e indipendenza, nuove prospettive, nuove decisioni e nuove scelte, più
resilienti e operative per il proprio benessere, riducendo o eliminando, di
conseguenza all'acquisizione di questa capacità, diversi disagi e disturbi
cognitivi, emozionali e psicosomatici, che lo affliggevano finchè stava e
restava in una condizione di confusione,incertezza e stallo.
Il
Counseling
è una delle Professioni di Aiuto alla Persona (Counseling;
Psicologia; Psicoterapia; Psicoanalisi).
L'attività di Counselor
Professionista è regolata dalla Legge 4/2013.
La "relazione
professionale di
aiuto alla Persona" - che sia di Counseling, di
Psicologia o di Psicoterapia - consiste in ogni caso nell’applicazione
di metodologie di intervento da parte del professionista,
consistenti in un insieme
di tecniche, abilità e competenze, specializzate per
il conseguimento della risoluzione della sofferenza della persona e
per il conseguimento del suo miglior stato di salute e di benessere, per
mezzo del raggiungimento dei seguenti risultati:
facilitare, nella persona che ha
richiesto l'intervento, l’emancipazione della
consapevolezza, riguardo le diverse situazioni della sua vita
ottenere il
miglioramento nell'uso delle proprie risorse personali, da applicare
in quelle situazioni per cercare e trovare le più efficaci soluzioni a
problemi, difficoltà o altro
fornire strumenti alla persona
e offrirle più prospettive, affinché questi possa
trovare
la propria soluzione per uno o più problemi nella sua vita
alleviare e/o
risolvere i sintomi del disagio esistenziale e/o del
disturbo per mezzo del cambiamento decisionale
migliorare
complessivamente la qualità della propria salute ("vedi
salutogenesi") e della propria vita
La precedente, è una
definizione che accomuna, genericamente, ciò che si fa per aiutare le persone in Counseling,
ma parzialmente anche in Psicologia,
Analisi e Psicoterapia.
Dal punto di vista sostanziale e operativo,
infatti, per conseguire il risultato che hanno in comune, le metodologie e le
tecniche applicate e le abilità e le competenze professionali, sono diverse e
specifiche in ciascuna
delle professioni di aiuto.
In particolare il Counseling attua una
metodologia molto pratica, concreta e diretta, interessandosi operativamente
dello stile di gestione delle situazioni che usa la persona.
Psicologia,
Analisi e Psicoterapia, invece, tentano di arrivare allo stesso risultato,
però passando dall'analisi delle funzioni mentali e assumendo una prospettiva in
qualche modo clinica, cioè considerando le difficoltà della persona "problemi
sanitari". Non a caso il Counselor considera la persona un suo "cliente",
mentre Psicologia e Psicoterapia la considera un suo "paziente".
Tutte queste professioni hanno
in comune l'obiettivo di "assumere in cura la persona", che sia
affetta da malattia o non lo sia, ma nessuna di esse è una attività medica e
nessuna si occupa di curare malattie. Tutti i professionisti suddetti hanno un identico
obiettivo, da ottenere ciascuno con metodi e competenze diverse: ottenere
il risultato di avere aiutato la persona a sapersi aiutare. Ma nessuno
di quei professionisti è medico e quindi nessuno di essi cura malattie.
IL COUNSELING
PRATICATO DAL DOTT. SERGIO ANGILERI
a cura del
Dott.
Sergio Angileri
Il
dott. Sergio
Angileri - Laureato in Psicologia Clinica Applicata, già iscritto all'Ordine degli Psicologi della
Sicilia al n. 480 - Analista Transazionale,
specializzato in Psicoterapia Analitica Transazionale
- Mindfulness Based Treatments Trainer -
Counselor Professionista, qualificato in
Psicoterapia applicata alla Medicina Psicosomatica, in possesso di Attestato di
Qualificazione rilasciato da FAIP COUNSELING ed è iscritto nel Registro
Nazionale Counselors Professionisti al n. 1546.
La sua specializzazione,
formazione e qualificazione coincide con i seguenti dati
curriculari:
-
-
Laurea in Psicologia Applicata -
(Università
"La Sapienza", 110/110 con lode, Roma);
-
-
Diploma e Qualifica Specialistica in Consulenza Psicologica -
(Istituto di Analisi
Transazionale, Roma);
-
-
Diploma e Qualifica Specialistica in Psicoterapia Analitica Transazionale - (Scuola di Specializzazione
IAT di Roma, Istituto di Analisi
Transazionale);
-
-
Diploma di Perfezionamento in Psicoterapia applicata alla Medicina
Psicosomatica (SIMP (Scuola Italiana Medicina
Psicosomatica - Policlinico di Roma)
-
-
Perfezionamenti in counseling, medicina, psicologia cognitiva, psicosessuologia, consulenza e psicologia della
coppia e della famiglia (masters, seminari, workshops,
aggiornamenti, conseguiti in diversi istituti ed esperienze, quali Istituto
ALETEIA (Scuola di
Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva)
in Enna; Scuola Superiore di Psicologia Clinica dell'Università Pontificia
Salesiana in Roma; AMISI (Associazione Medica Italiana
Studio Ipnosi), in Milano; Istituto di Medicina
Psicosomatica J. Cremerius presso il Policlinico di Monaco di Baviera; corso di
laurea in Medicina e Chirurgia V anno)
-
-
Attestazione di Qualificazione in Counseling Professionale -
-
-
Associato Centro Italiano Studi Mindfulness, Roma
Anzianità
professionale dal 1985: il Dott. Sergio Angileri
possiede trentennale esperienza clinica, diagnostica e terapeutica,
nell'esercizio della professione di
Psicologo, Counselor e Psicoterapeuta.
La
metodologia di applicazione del Counseling da
parte del
dott.
Sergio Angileri, è coerente con tutta la sua formazione e specializzazione
sopra elencata ed è coerente con la sua trentennale esperienza in Psicologia
Clinica, in Psicoterapia e in Analisi Transazionale, oltre che in Psicologia Applicata, in Consulenza
Psicologica e in Counseling Professionale.
Il Counseling
applicato dal
dott.
Sergio Angileri è quindi un Counseling Relazionale e Sanitario,
fondato sulla metodologia Analitica Transazionale e sulla Mindfilness.
Le
tecniche e i metodi sono:
Counseling Analitico Transazionale
Counseling Mindfulness Based (Trattamenti Focali Brevi MB)
Counseling Analitico Socio-Cognitivo
Per quanto riguarda il
Counseling
Mindfulness Based, si può anche dire che [...] " Il
modello Mindfulness Counseling ha le sue radici sia nella
Psicologia Umanistica, sia nel Dharma buddista e si caratterizza come un
processo centrato sull´ascolto empatico e sul completo rispetto della
soggettività dell´esperienza al fine di promuovere lo sviluppo di una matura ed
autentica capacità di relazionarsi con se stessi e con l’altro da sé. Secondo
l’approccio del Mindfulness Counseling, l´intenzione del
counselor durante l´intervento è rivolta non solo allo
sviluppo dell’autostima e delle risorse per il ben-essere
individuale, ma anche a promuovere il processo evolutivo della
Coscienza verso l’apprendimento e la realizzazione di quelle condizioni
mentali non egoiche che sono il fondamento comune delle diverse tradizioni
spirituali: equanimità e compassione,
tolleranza e gioia, concentrazione e
pace mentale, apertura e rispetto della vita,
accettazione della morte, capacità di comprendere la natura transitoria
dell´esperienza, generosità, assenza di
dogmatismo e chiarezza etica." ( rif.
http://www.mindproject.com/wp/la-scuola/ )
Per approfondire sul
Counseling Analitico Transazionale,
cliccare qui.
NECESSARIA DISTINZIONE
FRA FIGURE PROFESSIONALI CONTIGUE
Poichè le attività e gli
obiettivi per i loro assistiti,
sono relativamente condivise fra Counselor, Psicologo, Psicoterapeuta e Medico, occorrono delle precisazioni e
distinzioni fondamentali.
Il Counseling non è
Psicologia. Il Counselor non è Psicologo. Lo Psicologo
non è Counselor.
Lo Psicologo Professionista
può anche svolgere attività di Counselor Professionale, se, oltre alle proprie
competenze psicologiche, possiede anche le competenze specifiche del Counseling
Professionale, che sono altre e diverse competenze da Psicologia.
Infatti nel momento in cui sta offrendo al suo cliente le proprie competenze di
"Counseling Professionale", se le possiede, lo Psicologo
non sta esercitando da Psicologo. Infatti, lo Psicologo Professionista che offre al proprio cliente prestazioni
eufemisticamente chiamate di "Counseling Psicologico", in quel caso altro
non sta facendo che esercitare le proprie specifiche professionali "attività
tipiche dello psicologo", quali previste nell'art. 1 della
Legge 56_89,
legge che regola l'attività professionale dello Psicologo. "Counseling
Psicologico" quindi altro non è che prestazione consulenziale da parte di
uno Psicologo.
Mentre invece il "Counseling
Professionale", cioè quello non psicologico" è una professione autonoma
qualificata a parte, che richiede qualificazioni, competenze ed esperienze
formative ulteriori e diverse, rispetto a quelle che riguardano lo psicologo.
Se e quando lo Psicologo sta
offrendo competenze di Counselor Professionale, allora in quel momento sta facendo
necessariamente altro rispetto alle "attività tipiche dello Psicologo",
cioè in quel momento non sta esercitando da Psicologo, ma sta applicando le
altre sue competenze diverse da Psicologia, se le possiede, nella forma chiamata
genericamente "Counseling". O l'uno o l'altro.
Vediamo allora cosa è
Counseling Professionale e Counselor Professionale, in quanto competenze e professione autonoma, distinta e
indipendente rispetto a Psicologia, Psicologo e Consulenza Psicologica.
▪
Il Counseling è una prestazione
professionale qualificata, praticata da professionisti che possono possedere un
ventaglio molto ampio di formazione, titoli di qualificazione e/o specializzazione e/o
laurea, una delle quali può anche essere in Psicologia. I Counselors
Professionali formati, qualificati e/o
specializzati, sono per questo riconosciuti e accreditati da enti e associazioni professionali,
a loro volta
accreditate e riconosciute, sia da organismi nazionali che internazionali.
Il Counseling definisce
quindi un repertorio molto vasto di competenze, fra le quali
la competenza psicologica rappresenta
soltanto una possibile parte, ma assolutamente non indispensabile. Le competenze del
Counseling infatti spaziano da un minimo livello formativo, di solito conseguito per mezzo
di un diploma di qualificazione ottenuto in seguito a corso di formazione triennale, ad
un massimo livello di solito corrispondente a titoli di laurea e titoli di
specializzazione riguardanti diverse aree e discipline (di solito laurea in Psicologia, Medicina, Filosofia,
Teologia, Giurisprudenza, Pedagogia, Scienze Sociali ecc. e formazioni o specializzazioni in Psicoterapia, Psichiatria,
Scienze Giuridiche, Tecniche della Comunicazione, PNL, Biotransenergetica
Transpersonale, Analisi Transazionale, ecc).
Di conseguenza il cosiddetto "Counseling
Psicologico" -quello praticato dagli psicologi- non corrisponde
al Counseling Professionale ed è invece una
prestazione professionale tipica ed esclusiva dello Psicologo prevista dalla
Legge 56_89
e pur chiamandosi "counseling" altro non è che ordinaria
prestazione di consulenza psicologica.
I diversi "tipi di
counseling" sono quindi determinati dalla specifica formazione,
qualificazione e specializzazione del Counselor, il quale, come abbiamo visto,
può essersi realizzata su un vasto ventaglio di possibilità. Questo significa
che ciascun Counselor potrà fornire al proprio cliente un Counseling coerente
con la propria formazione e non potrà farlo per ogni tipo di situazione, di
conseguenza sapendo avviare il cliente ad altro collega o professionista, quando
riconoscerà di non possedere competenza rispetto alla situazione o problema
portato dal cliente.
A causa di quanto sopra detto,
a costo di ripeterci:
il Counseling Professionale non è attività psicologica, per il
semplice fatto, come abbiamo visto, che il cosiddetto "counseling
psicologico", altro non è che la stessa attività professionale
da Psicologo quale prevista dall'art. 1 della
Legge 56_89.
Counseling Professionale, quindi è una
definizione generica di una professione diversa da Psicologia e che è multifattoriale e plurisfaccettata.
In Italia il Counseling
Professionale non è
una professione "ordinistica". Il Counseling è una professione
"accreditata per titoli, presso l'Istituto di appartenenza", il
quale a sua volta è vigilato e accreditato da parte di organismi nazionali e
internazionali. L'esercizio legale del Counseling Professionale, in Italia è
"regolato" ai sensi della Legge 4_2013
Il Counseling
Professionale è una
professione
di aiuto, di consulenza personale ad orientamento situazionale,
comportamentale e pragmatico, il cui obiettivo è cercare e trovare in
tempi brevi soluzioni efficaci e benefiche per le persone.
Ciascun Counselor offrirà le suddette prestazioni in un modo diverso da un altro
Counselor, poichè le formazioni e le competenze di ciascuno sono specifiche e
diverse.
Questa prestazione professionale è fornita a persone che,
trovandosi in situazioni di vita nelle quali stanno soffrendo i sintomi e i
disturbi del loro disagio situazionale
e/o esistenziale e non riuscendo da soli e autonomamente a rimediare
alla loro sofferenza e/o a elaborare nuove decisioni e scelte, per questo necessitano di un
intervento professionale che fornisca consulenza, orientamento, tecniche, metodi e competenze, per
giungere alla loro migliore risoluzione.
Lo scopo del Counselling
Professionale è quindi quello di offrire al Cliente
l’opportunità di esplorare e riconoscere i propri schemi d’azione e
di pensiero e aumentare il livello di consapevolezza, così da
potere e sapere
utilizzare al meglio le proprie risorse personali per gestirsi in
modo efficace e raggiungere un maggiore benessere.
QUALE E' LA FORMAZIONE CHE
QUALIFICA IL COUNSELOR
●
Recentemente, all'inizio dell'anno 2018, la Federcounseling sta promuovendo nei vari ambiti
istituzionali e politici, i requisiti minimi per il Counselor che
corrisponderanno obbligatoriamente dal 2020 ad un titolo di laurea. Questo
corrisponde ad un allineamento con le posizioni accademiche internazionali nei
confronti del Counseling e al riconoscimento crescente della sua essenziale
funzione per la salutogenesi delle persone.
Cliccare qui per leggere di più su questo argomento.
Il Counselor opera nel campo della prevenzione della malattia e in
quello della promozione della salute, così come intesa e definita
dalla
Carta di Ottawa nel 1986. Il Counsellor
deve possedere titoli,
diplomi di qualificazioni o specializzazioni, curriculum
professionale, esperienza professionale e di vita tali, da configurarsi come
testimonianze formali delle sue
competenze specifiche per la promozione del benessere
dell’individuo.
La formazione professionale e le
competenze possedute dal Counselor, oscillano da una "formazione minima"
prevista dalla Legge (corso triennale di qualificazione),
ad una "formazione elevata" opzionale (una o più lauree;
specializzazioni; formazioni; qualificazioni; esperienze; ecc.).
Infatti in Italia esistono da un lato
Counselors Professionisti in regola con le normative, la cui formazione coincide con un corso
triennale di qualificazione, che corrisponde ai requisiti minimi da
possedere previsti dalla Legge.
Dall'altro lato esistono Counselors
Professionisti in regola, la cui formazione va molto oltre i minimi previsti per
Legge e coincide con il possesso di una o
più lauree (di solito in Psicologia o Medicina), qualificazioni e
specializzazioni dopo la laurea (di solito diplomi in Consulenza Psicologica,
specializzazione in Psicoterapia, masters in diverse tecniche metodi di
aiuto professionale, ecc.). A prescindere dalla formazione testimoniata dai
titoli, diplomi e attestati, inoltre, i Counselors differiscono anche per la
soggettiva e personale esperienza di vita e per il curriculum personale di
esperienza professionale passata.
E' tuttavia
importante precisare che quando il Counselor possiede titoli,
qualifiche, formazione e specializzazioni, per merito dei quali è
uno specialista psicologo e/o psicoterapeuta, deve stabilire subito con la persona che
lo consulta, se il suo caso sarà trattato con modalità e tecniche
derivanti dalla psicologia e dalla formazione psicoterapeutica/analitica, oppure le altre tipiche
del counseling. Quando invece il counselor non ha una formazione,
qualificazione e specializzazione da psicologo clinico e
psicoterapeuta, necessariamente potrà applicare il proprio
intervento di Counseling soltanto sulla base dei propri studi,
titoli, qualificazioni, specializzazioni ed esperienza.
Da quanto sopra specificato risulta che
in Italia alcuni professionisti che posseggono la formazione, la
qualifica e l'attestazione di "counselors" sono
anche dottori in psicologia, psicologi, psicoterapeuti o medici e psichiatri, mentre altri
sono counselors, a volte anche non necessariamente laureati (in Italia è richiesto
almeno un diploma di scuola superiore) in possesso soltanto della
minima qualificazione in counseling, che in Italia viene rilasciata al
termine di un corso triennale di formazione, da suole accreditate
presso le associazioni di counseling (ad esempio FAIP o
Assocounseling). Tali associazioni e scuole accreditate, agiscono e
si attengono alla Legge n°4 del 14 gennaio 2013 e alle direttive EAC
(European Assiociation for Counseling).
In Italia il Counseling
Professionale non è
una professione "ordinistica". Il Counseling Professionale è una professione
"accreditata per titoli, presso l'Istituto di appartenenza", il
quale a sua volta è vigilato e accreditato da parte di organismi nazionali e
internazionali. L'esercizio legale del Counseling non psicologico, in Italia è
"regolato" ai sensi della Legge 4_2013
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Counseling: prof Pier Luigi Lattuada
Che cosa è il Counseling
Counseling: l'aiuto come professione
Counseling e psicologi: l'eterna ironica
diatriba
Differenza fra Counseling e Psicologia
Counseling: dott.ssa Bianchi
COSA FARE
PER OTTENERE
INFORMAZIONI O AVVIARE IL TRATTAMENTO
-
1-
telefonare per fissare il
primo colloquio gratuito online
-
-
2-
durante il colloquio
gratuito online
con il
Dott. Sergio Angileri,
lei potrà presentare la sua
situazione e le saranno
fornite tutte le
informazioni e potrà
decidere se procedere
con il trattamento.
-
Il costo del trattamento
sarà concordato anche
considerando le esigenze di
ciascuna Persona.
-
-
3- il trattamento sarà
poi svolto di presenza oppure si potrà
scegliere anche di
continuare online, sulla
base di quello che è emerso
durante il
primo colloquio gratuito online
Vengono applicati trattamenti moderni con
Metodologia Modulare Integrata
(approfondisci QUI)
|
I confini dell’intervento di Counseling nel colloquio
potenzialità ed efficacia
dell’AT
(Analisi
Transazionale)
Milly De Micheli
(AT- Rivista italiana di analisi transazionale e metodologie
psicoterapeutiche, XXVI, 13-14, 2006)
●
Definizione del
Counseling
L’ Art .6 dello statuto del CNCP recita così:
“Il Counseling è un processo relazionale tra Counselor e Cliente, o
Clienti (individui, famiglie, gruppi o istituzioni).
Il Counselor è la
figura professionale che aiuta a cercare soluzioni di specifici problemi di
natura non psicopatologica e, in tale ambito, a prendere decisioni, a gestire
crisi, a migliorare relazioni, a sviluppare risorse, a promuovere e a sviluppare
la consapevolezza personale su specifici temi.
L’obiettivo del
Counseling è fornire ai Clienti opportunità e sostegno per sviluppare le
loro risorse e promuovere il loro benessere come individui e come membri della
società affrontando specifiche difficoltà o momenti di crisi.
Il Cliente è la persona, la coppia, la famiglia o l’organizzazione che
richiede di essere aiutata mediante un’opera di supporto, in un percorso
formativo o un processo di sviluppo personale inerente una specifica
problematica. “
Proseguo con una nota dal codice deontologico della stessa associazione :
“Sarà cura del Counselor mantenere la relazione di Counseling entro limiti di
tempo, di obiettivi e di contenuti tali da non creare sovrapposizioni indebite
con quanto attiene ad un trattamento psicoterapico.”
Sul campo del counseling come certificazione CTA l’EATA afferma:
“Il counseling analitico transazionale è un’attività professionale all’interno
di una relazione contrattuale. Il processo di counseling permette ai clienti o
ai sistemi di clienti di sviluppare consapevolezza, opzioni, capacità di
gestione dei problemi edello sviluppo personale nella vita quotidiana,
attraverso l’accrescere delle loro forze e risorse. L’obiettivo è quello di
accrescere l’autonomia in relazione al proprio ambiente sociale, professionale,
culturale. Il campo del counseling è scelto da quei professionisti che lavorano
in ambiti sociopsicologici e culturali. Alcuni esempi sono: assistenza sociale,
sanità, lavoro pastorale, prevenzione, mediazione, facilitazione di processo,
lavoro multiculturale e attività umanitarie (EATA, 1995).
Ho scelto di partire da due definizioni di counseling – quella del Coordinamento
Nazionale Counselor Professionisti CNCP e quella, più specifica nostra, dell’EATA
- e dalla sottolineatura di alcuni termini per evitare il rischio, che
appartiene anche agli analisti transazionali, di definire il campo del
counseling e il suoi confini a partire da ciò che esso non è (non è
psicoterapia, non è campo educativo, non è il campo dell’educazione), piuttosto
che da ciò che è!
Confine
All’interno del campo del counseling, che può essere praticato secondo diversi
approcci psicologici, desidero soffermarmi sull’utilizzo dell’AT nel colloquio
di counseling, enucleando come questo modello sia utile nell’elaborazione del
concetto di confine e nella gestione potente del colloquio stesso entro il suo
confine.
Quando si parla di confini è opportuno chiarire che accezione si da al termine:
si può intendere il confine in senso restrittivo e contenitivo, come nel caso
della geografia politica o per due giardini contigui; in questo caso il confine
è una linea precisa, una barriera che separa un territorio da un altro: quello
che è da una parte, non appartiene all’altra.
Questa accezione del termine confine, non ci aiuta ad avere chiarezza nelle aree
di applicazione dell’Analisi Transazionale e, se torniamo a quanto affermato
sopra, credo, neppure in quella della definizione del counseling in generale.
Per parlare dei confini nei diversi campi di applicazione dell’Analisi
Transazionale, infatti, dobbiamo accettare l’idea che ci sia una grande parte di
teoria, di metodi e di tecniche che sono territorio comune a tutti i campi di
applicazione dell’AT e alcuni strumenti, metodi e tecniche propri di alcuni
campi e non di altri. 1
La metafora che più si avvicina è, come afferma J. Gregoire, quella di un campo
sportivo predisposto per diversi sport, con linee che ne delineano il contorno a
seconda dello sport praticato.
Il territorio comune è costituito dalla capacità di stare nella relazione in una
posizione ok-ok, dall’approccio contrattuale, dal corpus teorico di base
dell’AT, dalla griglia di lettura della problematica in ottica AT che sono
patrimonio specifico di tutti gli analisti transazionali.
Le caratteristiche dell’intervento transazionale, infatti, sono la scelta
cognitiva – la persona può pensare – , il qui-e-ora e il lavoro con il cliente,
e non sul cliente, in una relazione curativa intersoggettiva e paritaria sul
piano relazionale, anche se differenziata riguardo alle competenze, nella
considerazione del valore e del rispetto reciproco come persone.
Tecniche specifiche nel colloquio
Agire con il cliente da una posizione ok-ok, nell’incontro del colloquio,
significa riconoscere la persona nella sua valenza di valore intrinseco,
indipendentemente dal problema che presenta o dal vissuto agito.
Fondamentale è la creazione di una relazione di accoglienza e di fiducia
accompagnata da interventi precisi di lettura e di stimolo.
Credo che questo sia lo strumento più potente che l’AT può fornire, uno
strumento che va sempre più affinato e approfondito, attraverso la messa in
discussione di sé nella verità.
Per il cliente, infatti, il percepirsi accolto, accettato, non giudicato, il
cogliere che ci si pone accanto a lui nell’osservare il problema per affrontarlo
non accademicamente, ma sul piano della realtà delle opzioni possibili per lui,
è il primo passaggio verso il riappropriarsi delle sue risorse. Spesso siamo
soliti affermare che il cliente è competente del suo problema, il counselor è
competente nella gestione del processo della relazione e di quello
dell’intervento: questo facilita una
relazione di parità in cui si lavora insieme sul problema.
Affermo qui che il primo compito del counselor non riguarda il fare, bensì
l’essere.
Essere, cioè, consapevoli, aperti, rispettosi, curiosi nell’incontro con l’altro
da sé.
Per porsi in ascolto occorre conoscersi e mettersi da parte per fare posto
all’altro e avere chiarezza sul proprio quadro di riferimento, riconoscendolo
come il proprio e non come la realtà! Nell’ascoltare le affermazione dell’altro
occorre separare quanto è di stimolo rispetto alle proprie convinzioni e
credenze, da quanto costituisce per l’altro l’ostacolo alla soluzione del
problema che porta.
Da questa nostra centratura sull’altro, questi potrà centrarsi su di sé ed
esplorarsi nella relazione con noi.
Questo atteggiamento di profonda stima e rispetto per la persona, non si
improvvisa ed è fondamentale in ogni relazione di aiuto.
Nel colloquio, in particolare, questo atteggiamento interiore si manifesta
all’esterno nei gesti e nelle parole che il counselor usa.
Mi riferisco qui a tutte le caratteristiche dell’accoglienza che il counselor
può costruire nella stanza del colloquio, come nel suo modo di porsi davanti
all’altro. Se usiamo l’AT possiamo attingere a tutte le caratteristiche degli
stati dell’io nei loro aspetti funzionali in connotazione positiva. È adeguato
il Genitore affettivo positivo accogliente, sensibile, accanto a un Genitore
normativo positivo che dà struttura nel tempo, nella puntualità, nel rispetto
dei confini del setting; è adeguato l’Adulto che si informa, ricerca i dati con
precisione e attenzione finalizzata a ciò di cui si
sta parlando, al processo relazionale in atto e alla scelta dell’intervento più
idoneo; è adeguato il Bambino libero, vivace, interessato, partecipe, anche
spiritoso, come è adeguato un Bambino adattato positivo, che sta al suo posto,
che non risponde al telefono o alla porta, in “obbedienza” allo stare con
l’altro per il tempo stabilito.
Contenuto del counseling
Il contenuto del counseling, partendo dalla richiesta della persona che va
decodificata e contrattualizzata, è costituito da un intervento per aumentare le
potenzialità e la ricerca di opzioni efficaci con persone strutturalmente sane o
con persone portatrici di una patologia che richiedono un accompagnamento per un
problema specifico e non per i sintomi legati alla patologia: in questo ultimo
caso, di solito, più professionisti o servizi si occupano della persona.
Come abbiamo visto, il campo del counseling ha come oggetto lo sviluppo delle
potenzialità della persona; credo, invero, che anche la psicoterapia porti allo
sviluppo delle potenzialità della persona, ma, di solito, la psicoterapia ha
come obiettivo l’alleviare i sintomi e la guarigione. Ecco qui una distinzione
importante e chiara: alleviare i sintomi e guarigione sono oggetto di
psicoterapia, mentre aumentare le potenzialità sono oggetto del counseling.
Da qui derivano il contratto e, dal contratto, le tecniche dell’intervento.
Torniamo alle definizioni per restare sul tema dello specifico del counseling.
Mi interessa qui sottolineare un confine esterno e un confine interno: il
confine esterno è stabilito dal campo e dal contratto; il confine interno è
definito dal livello dell’intervento e dalle tecniche usate: mi riferisco qui
alla diagnosi della problematicità in termini strutturali di personalità e
all’attenzione a lavorare con la struttura di I ordine, senza sconfinare.
Rispetto ai termini sottolineati nelle definizioni intendo qui, soprattutto,
evidenziare come parole chiave il processo relazionale, i problemi di natura non
psicopatologica, le situazioni di crisi, lo sviluppo delle risorse, l’aiuto nel
prendere delle decisioni importanti e lo sviluppo della consapevolezza personale
su specifici temi, che analizzerò singolarmente.
Processo relazionale
Vittorio Soana afferma: “ Proprium del Counseling è la facilitazione della
relazione e la competenza specifica del Counselor è una competenza relazionale.
Riteniamo che l’esercizio sociale di questa competenza rivesta oggi
un’importanza
cruciale…
In particolare pensiamo che il counseling possa costituire uno strumento
importante là dove ci si proponga di sostenere l’uomo nel proprio crescere, nel
tenere insieme la propria vita, nel trovare o nel ritrovare l’orientamento
necessario a mantenersi positivamente in attaccamento.
Crediamo si possa in questo senso parlare di una valenza esistenziale del
Counseling là dove questo va a potenziare la modalità con cui l’uomo è in
relazione con sé, con le cose, con la natura, con gli animali, con gli altri.
La pratica del Counseling non può essere quindi confusa con altre competenze o
data per scontata: la facilitazione della relazione costituisce a nostro avviso
una dimensione professionale specifica sia quando esercitata in modo esclusivo
(il Counselor) che in associazione ad altre professionalità. Il processo
relazionale e la necessità di strumenti adeguati alla sua gestione costituiscono
aspetti comuni a molti campi – non solo di AT – e non per questo credo che si
tratti di una sovrapposizione o di uno sconfinamento.
La facilitazione del processo relazionale diventa lo specifico nella gestione
del colloquio di aiuto, quando al counselor si rivolga un cliente per una
richiesta specifica. Già su questo primo punto possiamo trovare nell’AT, a
partire dalla sua filosofia di base dell’okness, gli strumenti della lettura e
dell’utilizzo adeguato della comunicazione consapevole come facilitazione alla
costruzione della relazione.
La relazione non è la comunicazione, ma questa ne costruisce il processo e ne
consente la lettura.
Natura non psicopatologica
Prima di prendere in carico una persona per un percorso di counseling occorre
fare una valutazione del livello di “gravità”. Infatti nella definizione citata
all’inizio si definisce chiaramente come oggetto dell’intervento del counselor
Il lavoro suproblemi di natura non psicopatologica. In ogni buon programma di
formazione al counseling sono presenti elementi di psicopatologia descrittiva
perché i counselor siano in grado di attenzionarsi su disagi psicologici o
sintomi particolarmente significativi che necessitano dell’intervento di altre
figure professionali. Il problema si incontra nell’accorgersene, perché la
persona di solito, non lo dice: quasi sempre
perché non se lo riconosce o per difesa, o per altri motivi.
Ritengo che chi conosce bene l’AT sappia diagnosticare già da un primo
colloquio, nella lettura degli stati dell’io, se si trova di fronte una
contaminazione e a quale livello oppure ad una esclusione.
Es: “Per poter condurre il gruppo devo conoscere tutto ciò di cui sta discutendo
il gruppo”(contaminazione)
“Per strada mi salutano persone che io non conosco: mi avranno trovata su
internet?”(esclusione)
Nella mia esperienza di supervisione di counselor, ho riscontrato che non è
difficile che persone con un disagio pesante si rivolgano al counselor invece
che ad un altro professionista, talvolta per incompetenza, ma, talvolta, per
timore. La figura del counselor, proprio per sua definizione, non si occupa di
patologia e questo può indurre a pensare: “Se vado dal counselor…. non sono “
malato”.!”
Purtroppo, non funziona così.
Si pone allora la domanda su quale sia, in questo caso, il compito del counselor.
Io credo che si possano verificare due situazioni: la persona che vuole
realmente alleviare il suo disagio e vuole fare qualcosa ed è quindi disponibile
ad una informazione di invio ad un altro professionista e quella che è molto
lontana da questa ipotesi.
In entrambi i casi il counselor ha il compito di facilitare e accompagnare la
persona all’invio. Il primo caso è il più semplice e, spesso, questo avviene già
nel primo colloquio. Nel secondo caso, invece, l’obiettivo deve essere quello di
chiarire e motivare all’intervento necessario, facendo emergere la problematica,
senza intervenire su di essa.
Potenzialità della persona
Vediamo allora come il counseling si rivolga a sviluppare le potenzialità di un
individuo, che presupponiamo “sano”, cioè non affetto da patologie gravi in atto
e che non richieda il counseling per attenuare i sintomi delle patologie (Es:
“Sono venuto perché soffro di attacchi di panico”).
Intendo qui riferirmi a persone strutturalmente sane che si trovano in
difficoltà esistenziali, in situazioni di crisi, lutti, cambiamenti, ma anche a
persone in trattamento per qualche patologia che richiedano il counseling come
supporto per affrontare, per esempio, un percorso lavorativo o una situazione
che crea disagio a livello sociale o relazionale.
Naturalmente tutte queste persone, talvolta, si rivolgono ad uno psicologo o ad
uno psicoterapeuta portando questo problema e ritengo che , in questo caso, lo
psicologo o lo psicoterapeuta facciano un intervento di counseling.
Rimane il dato più importante, che ricaviamo dalle definizioni precedenti, dove
si parla di “individui strutturalmente sani, inseriti in contesti sociali e che
prendono decisioni riguardo al loro benessere.” Se l’obiettivo è quello di
ritrovare risorse e ricercare opzioni troviamo nell’uso delle transazioni come
stimolo allo stato dell’io Adulto del cliente uno strumento adeguato per
lavorare sulle contaminazioni che portano al blocco da cui nasce il problema
portato.
Elementi di diagnosi del problema
Chiediamoci allora in che cosa e come l’AT possa aiutare a individuare
l’individuo sano, cioè sufficientemente strutturato, e come essa sia utilizzata
nell’intervento.
In un primo incontro gli strumenti possibili sono le transazioni e la lettura
della comunicazione. E questi stessi strumenti saranno usati dal counselor nella
gestione di tutti i colloqui che costituiranno l’intervento. Facendo
supervisione agli operatori del Centro di Counseling dove offro il mio servizio,
ho osservato che le persone abbastanza strutturate trovano un maggiore benessere
e si portano via chiarezza già dal colloquio preliminare in cui l’operatore ha
il compito di accogliere e quello di raccogliere i dati sulla persona e sulla
problematica che porta. Questo è dovuto
all’instaurarsi di una relazione positiva e di accettazione senza giudizio e
aperta all’ascolto e ad un uso della comunicazione facilitante e pulita, che non
manda messaggi ambigui e chiarifica le incongruenze. E’ questo che le persone
sottolineano: ”Non avevo mai parlato con nessuno in questo modo! Mi sento già
meglio!” e non è stato ancora fatto alcun intervento!
Questo significa che già lo stare in relazione con una persona consapevole che
usa il suo stato dell’io Adulto, che ascolta e interroga esplorando le
situazioni non chiare, i non detti, gli aspetti svalutati, che usa la
comunicazione diretta, senza messaggi contaminati o ambigui, costituisce una
facilitazione al cambiamento.
Ascoltando attivamente e attentamente la persona che ci parla si coglierà quali
sono le convinzioni genitoriali o le illusioni del Bambino che costituiscono
ostacolo ad una soluzione del problema e, attraverso l’uso delle tecniche
berniane di interrogazione, specificazione e confronto, sarà possibile che la
persona, sentendosi ascoltata e compresa, colga le sue alternative. La lettura
del problema presentato in termini di contaminazione è, infatti, il primo passo
per impostare il colloquio di counseling.
Contratto : protezione e confine temporale
Per quanto riguarda la competenza e la responsabilità del counselor a mantenere
la relazione entro limiti di tempo, contenuti e obiettivi, propri di
questointervento e non di altri interventi di aiuto alla persona, sarà utile qui
attingere atutte le attenzioni e le tecniche per fare un buon contratto,
confrontando le grandiosità e le attese magiche del cliente, come pure le
proprie, attraverso unavalutazione con lo stato dell’io Adulto, e rifarsi ai
principi etici che richiamano a
non farsi carico di ciò di cui non si è competenti o legalmente “abilitati”,
secondo le norme del Genitore, e a quantificare il tempo che occorre per
completare il piano di trattamento necessario, ancora con una attenta
valutazione dell’Adulto.
Lo strumento del contratto è di fondamentale importanza per definire l’obiettivo
dell’intervento e determinare la sua efficacia: in questa fase ogni analista
transazionale è chiamato a chiarificare al cliente e a se stesso se l’obiettivo
è possibile, congruo e se lui è in grado di accompagnare la persona in ciò che
sta chiedendo. Berne parla di mostrare il proprio campionario! Qui è il momento
di esplicitare con il cliente la specifica della propria professionalità, il
tipo di intervento, chiarire i dubbi del cliente, talvolta spiegare la
differenza di obiettivo tra un intervento clinico e un intervento di counseling,
trovando la verbalizzazione cheil cliente sia in grado di comprendere per fare
una scelta consapevole.
A fianco del contratto di lavoro in senso stretto collochiamo l’atteggiamento
contrattuale del counselor transazionale, che è la traduzione pratica della
filosofia dell’okness nella relazione terapeutica. Attraverso di esso, in
attenzione ai dati di realtà rappresentati del cliente con cui si è in
relazione, si costruisce con lui la possibilità di contrattare il possibile e
verificabile cambiamento.
È l’Adulto del counselor che ricerca tutte le informazioni per prendere la
decisione di assumere in carico la persona, valutando se il problema che porta
richiede un intervento di counseling o no. Il contratto prevede anche la
definizione della durata dell’intervento e occorre essere realisti sulla
possibilità di aiutare la persona su quello che chiede nei tempi brevi
dell’intervento di counseling.
Come già accennavo, già nelle prime fasi di accoglienza e di ascolto e dalle
prime domande investigative è possibile valutare se è presente una patologia
grave che non consente un intervento efficace. Mi riferisco qui alla lettura di
come la persona sta in relazione, alla diagnosi sociale degli stati dell’io,
alla lettura puntuale delle transazioni. Quando sono presenti transazioni
tangenziali, un alto livello di grandiosità, pesanti disturbi del pensiero,
contenuti deliranti, oltre, naturalmente, a sintomi dichiarati quali attacchi di
panico, fobie gravi, comportamenti auto ed eterodistruttivi , non è difficile
accorgersi che il cliente non è adatto a un counseling breve. In questo caso il
counselor può fare un prezioso lavoro di accompagnamento all’invio in
psicoterapia o ad uno specialista della salute mentale; infatti, solo attraverso
la costruzione di una relazione di fiducia e di riconoscimento, sarà possibile
un invio riuscito.
Intervento
Una situazione molto diversa si presenta quando la persona “strutturalmente
sana” presenta contaminazioni cognitive rispetto alla situazione problematica
che porta o anche un certo stato di disagio emotivo, riconducibile alla
situazione stressante che sta vivendo e che ha compromesso temporaneamente un
equilibrio personale precedente.
La struttura della personalità descritta attraverso il modello degli stati
dell’Io GAB è uno strumento prezioso per il counselor sia nell’identificazione
della problematica che nella lettura del processo dell’intervento, sia ancora
nella scelta degli strumenti “tecnici” da usare per raggiungere l’obiettivo di
facilitare la persona nel suo comprendersi e nel suo cambiare rispetto al
problema.
Nel lavoro cognitivo con la persona, nel qui-e-ora, il counselor mette in
pratica l’intervento berniano lavorando con l’Adulto del cliente, lo stimola e
gli permette la possibilità di pensare qui-e-ora rispetto alla sua realtà del
momento, in una relazione in cui ci si è accordati di lavorare insieme su un
problema specifico e ben definito. Nel counseling, infatti, non ci sono
investigazioni su territori non esplicitati nel contratto, né interpretazioni
sul cliente o il suo vissuto che costituirebbero un cambio di setting.
Nella scelta cognitiva, interagendo con l’Adulto del cliente, il counselor
accede alle informazioni del Genitore e del Bambino del cliente per quanto è
utile a chiarificare il problema portato e l’elaborazione di una opzione
diversa.
Nella richiesta di counseling il contenuto del contratto riguarda quasi
esclusivamente il livello sociale e non il livello profondo della persona.
Come ho detto, si utilizza nella diagnosi e nell’intervento la struttura di I
ordine GAB, leggendo la contaminazione e lavorando con A2. Questo determina la
scelta degli interventi: la decontaminazione in primis, che permette al cliente
di decodificare che cosa costituisce il blocco ad una soluzione diversa e a
intravederla possibile per lui; in alcuni casi sono utili, nella relazione di
counseling di sostegno, tutti gli interventi che Berne descrive nel cap. 10 di
“Principi di terapia
di gruppo” dopo aver insegnato le operazioni terapeutiche come AT in azione.
Non si pratica invece, nel counseling, nessun lavoro strutturale sul Genitore né
la deconfusione del Bambino; va evitata ogni tecnica regressiva indotta,
privilegiando la capacità di stimolare il recupero del qui-e-ora e la gestione
delle emozioni sentite qui-e-ora.
Es.: “ Che cosa ti diceva tuo padre rispetto a questo ?“ e non “Sii tuo padre
e….”
“Che cosa hai provato mentre eri in quella situazione” e non “Stai in contatto
con questo sentimento, dove sei, che c’è con te, quando l’hai provato la prima
volta.. ecc” che sono interventi propri di un lavoro sul profondo che richiede
una alleanza, delle competenze professionali e, soprattutto, un contratto di un
altro livello.
Come sottolinea la definizione delle core competencies dell’EATA il counselor
accede al Genitore e al Bambino attraverso l’Adulto, cioè attraverso la
verbalizzazione sia dei messaggi genitoriali (convinzioni, ordini, divieti…) che
delle emozioni.
Chi si forma e pratica il counseling raramente trova in letteratura lavori
specifici sulla diagnosi nel counseling e deve quindi attingere al materiale
della psicoterapia e tradurla per il suo campo.
A questo proposito cito un lavoro prettamente clinico quale l’approfondimento
della teoria dell’impasse fatto da Ken Mellor che utilizza la lettura della
comunicazione osservando la minore o nulla capacità di verbalizzazione per
identificarne il grado, l’età di insorgenza e l’intervento richiesto.
Eccone le caratteristiche: poiché l’impasse di I grado è in collegamento con i
drivers, si sviluppa quando il bambino è in grado di capire il linguaggio (4-8
anni); lo stato dell’io che viene coinvolto a livello di apprendimento è A2 e,
poiché questo, cronologicamente, è l’ultimo, è sufficiente il modello
strutturale di I ordine; il livello di consapevolezza temporale è completo; la
comunicazione verbale è ben differenziata sia per le esperienze interne che
esterne; le reazioni emotive sono ben differenziate e la persona è in contatto
con la sua realtà; la decisione presa è
verbalizzabile e la persona è sensibile agli stimoli che provengono dalla realtà
esterna.
Riporto qui, per chiarezza di esposizione, una semplificazione della tabella con
alcuni degli items con cui Mellor identifica l’impasse di I grado (ne sono
sufficienti solo due per diagnosticarlo).
Il blocco generato dal conflitto G2-B2, comunemente definito impasse di I grado,
è oggetto dell’intervento di counseling, perché può essere affrontato e risolto
con la ricerca di una mediazione possibile, attraverso l’uso dell’Adulto,
ancorato al piano della realtà qui-e-ora. Nel counseling, secondo il mio parere,
non si usa la tecnica delle sedie, perché l’azione stessa determina un
intervento sulla struttura di personalità che riservo al campo della
psicoterapia.
Ho osservato che la persona contatta abbastanza facilmente i messaggi verbali e
può essere in grado di aggiornarli attraverso un lavoro di consapevolezza
cognitiva quale è quello, appunto, del counseling. Questo è il processo che la
persona compie nella naturalità nelle aree che non si rivelano problematiche o
prima che si manifesti una situazione di crisi, spesso dovuta a situazioni o
eventi esterni o a un cambiamento, per esempio, dello stato di salute proprio o
di un congiunto.
L’interazione con l’Adulto del counselor stimola quello del cliente, in un
processo che questi è già in grado di compiere e che è solo da ripulire, da far
ripartire.
Diverso è, naturalmente, il caso dell’impasse di II e III grado che richiedono
un lavoro sul B sia da un punto di vista strutturale che funzionale.
Nel riattivare un processo che la persona possiede naturalmente, il counselor
può utilizzare con efficacia la trilogia di Rissman3 , stimolando le possibili
collaborazioni o le mediazioni tra gli stati dell’io, per trovare una soluzione
possibile ed adeguata al qui-e-ora. Queste sono stati riprese da M. Klein in un
lavoro che è stato anche tradotto nel N. 8-9 della rivista AT in cui l’autrice
definisce la contaminazione fra due stati dell’io come una opzione che il
Bambino si è dato per risolvere il conflitto dell’impasse, a costo di un grande
dispendio di energia psichica e determinando così solo una pseudosoluzione.
Rispetto al problema il counselor può aiutare il cliente a dare un giudizio nel
caso del conflitto G-A; a trovare alternative rispetto a quello A-B e un
compromesso tra G-B, affrontando il pregiudizio, l’illusione e l’inflessibilità.
Le specificità del setting, del contratto, del piano di trattamento e delle
tecniche di Counseling permettono non solo di distinguere l’intervento di
Counseling dall’intervento psicoterapeutico sulla struttura profonda, ma anche,
e soprattutto, il potenziamento e la visibilità dell’intervento a seconda dei
differenti ambiti in cui questo viene effettuato.
Nella consapevolezza di sé e nella scelta di quale stato dell’io energizzare
nella relazione, il counselor interviene, facilita l’esplorazione del problema
da parte del cliente e ne elabora con lui le opzioni risolutive nel rispetto
della libertà e della dignità del cliente in una relazione di aiuto da persona a
persona.
L’intervento transazionale poggia la sua validità nella qualità della relazione.
Infatti la persona ha bloccato il suo potenziale adattandosi a messaggi
limitativi che ha percepito all’interno di una relazione G-BA
Se il parlare del problema utilizzando naturalmente le transazioni avviene in
una relazione differente e attraverso stati dell’io differenti A-A, e GAB-GAB,
la persona farà, nel setting, una esperienza di sé diversa da quella che è
solito fare, si percepirà ok e persona di valore e, come lì ha energizzato il
suo stato dell’io Adulto ripulito dalle contaminazioni, sarà in grado di
introiettare il percorso fatto come un nuovo schema mentale e relazionale e di
immagine di sé che potrà usare
al posto di quello meno funzionale alla soluzione dei problemi del presente.
Conclusione
Il colloquio di counseling, condotto attraverso la diagnosi del problema in
termini di contaminazione e l’intervento con l’Adulto del cliente utilizzando le
tecniche descritte da Berne è un intervento con la persona, in particolare
quella che definiamo non psicopatologica, in un percorso di empowerment in
situazioni temporanee di crisi o in ordine a scelte esistenziali.
L’AT e i suoi assunti fondamentali: il qui-e-ora, la scelta cognitiva, il lavoro
con il cliente e nell’efficacia delle sue letture diagnostiche, che utilizzano
criteri chiari e condivisibili rispetto alla personalità sia negli elementi
strutturali che funzionali, offre al cliente l’opportunità di una esperienza,
anche breve, nella direzione dell’autonomia attraverso un intervento di
counseling preciso e potente.
Partendo dalla mia esperienza di didatta e supervisore di counselor individuo in
questo lavoro i punti di attenzione per il professionista counselor nella
relazione di aiuto con il suo cliente.
Gli strumenti dell’Analisi Transazionale, in particolare il contratto, la
struttura della personalità e le tecniche berniane costituiscono una griglia
precisa e flessibile nella diagnosi della problematica, nella pianificazione e
nella gestione dell’intervento.
In parallelo mi soffermo sugli impegni e i vincoli di questa professione con
riferimento al codice deontologico del counselor professionista nel nostro
paese.
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