APPROFONDIMENTO SULLA DIAGNOSI
Le principali professioni di aiuto alla Persona,
sono: medico, psicologo, counselor, psicoterapeuta.
In ambito delle professioni di aiuto alla persona
(professione medica; psicologica; counseling; psicoterapia; coaching;
psicoanalista; ecc)
abbiamo:
Professioni sanitarie primarie di aiuto alla
Persona (medico)
Professioni sanitarie serventi di aiuto alla
Persona (psicologo; psicoterapeuta; infermiere; farmacista;
fisioterapista; ecc)
Professioni non-sanitarie di aiuto alla
Persona (counselor; coach; analista; sociologo; pedagogista;
trainers mindfulness; ipnotista; yogamindful; ecc)
Ciascuna delle professioni di cui sopra,
all'inizio di una relazione di aiuto con il proprio assistito, prevede
una propria prassi diagnostica, che per ciascuna specialistica si
distingue sul piano formale,
scientifico e di contenuto. Sul
piano
formale la procedura diagnostica di ciascuna professione è regolamentata
dalle leggi dello Stato Italiano. Sul piano scientifico la procedura
diagnostica è definita dal background epistemologico ed esperenziale di
ciascuna disciplina. Sul piano dei contenuti la procedura diagnostica è
definita dagli atti e procedure specifiche che discendono dalla
competenza, la quale a sua volta è determinata dalla formazione
professionale, universitaria e post-universitaria.
Per le suddette ragioni, in ambito delle relazioni
di aiuto alla persona, si distinguono le diverse forme di diagnosi, che
sono le seguenti:
Diagnosi clinica (esclusiva e
specifica del medico)
Diagnosi psicologica
(esclusiva e specifica dello psicologo e dello psicoterapeuta)
Diagnosi
fenomenologica, esistenziale e situazionale (specifica del counselor, dello psicologo e di tutte
le professioni non-sanitarie sopra citate)
Vediamole
adesso, una per una.
●
-
DIAGNOSI CLINICA
La diagnosi clinica si fonda sulla
metodologia clinica, la quale è
metodologia medica basata sull'esame
diretto del paziente e sulla cura non chirurgica delle varie patologie.
La metodologia clinica riguarda la clinica medica,
cioè l’esame, lo studio e la cura delle malattie della persona.
La diagnosi clinica, essendo un
esclusivo atto
medico, è infatti orientata all'individuazione anatomo-fisiologica degli
elementi eziologici e costitutivi della malattia, ai fini
dell'organizzazione della terapia, la quale a sua volta è
anch'essa esclusivo atto medico.
La metodologia della diagnosi clinica si
organizza sulla dottrina medica delle seguenti procedure:
-
semeiotica
(disciplina medica (detta anche semiologia) che ha per
oggetto il rilievo e lo studio dei segni che orientano verso la
diagnosi. Si divide in semeiotica fisica, che come metodi si avvale
dell’ispezione, palpazione, percussione e ascoltazione;
semeiotica funzionale,
che si occupa dello studio delle funzioni dei vari organi, attuato con i
metodi della chimica di laboratorio, con le prove funzionali, le prove
di carico, l’impiego di radioisotopi ecc.; semeiotica speciale, che si avvale di
strumenti e di tecniche a volte tanto particolari da richiedere una
specifica competenza (mielografia, encefalografia, broncografia,
cardioangiografia, tecniche endoscopiche e radiochirurgiche), o
addirittura una vera e propria specializzazione (per es. radiologia,
elettroencefalografia);
-
anamnesi
(insieme all'esame obiettivo del malato, è
di fondamentale ausilio nella formulazione della diagnosi poiché
ricostruisce le modalità di insorgenza ed il decorso della patologia in
atto, investigando inoltre sulle possibili inclinazioni genetiche
(predisposizione alle malattie genetiche) del gruppo familiare verso
l'insorgenza di determinati tipi di malattie (anamnesi familiare). In
questo senso è anche utilizzata per l'avvio di programmi di sorveglianza
per i soggetti a rischio)
-
prognosi (La
prognosi (dal greco: pro-, "prima" + gnòsis, "conoscere, sapere") è un
giudizio di previsione sul probabile andamento della malattia. Viene
formulata dal medico come atto conclusivo della diagnosi, prendendo in
considerazione l'usuale tempistica di guarigione, le condizioni del
malato, le possibilità terapeutiche, le possibili complicazioni o le
condizioni ambientali. Il termine prognosi riservata viene utilizzato
quando l'espressione della prognosi non è possibile, in quanto la
malattia è suscettibile di evoluzioni non prevedibili anche gravi a
partire dalla diagnosi iniziale. In medicina, previsione sull’ulteriore
decorso e soprattutto sull’esito di un determinato quadro morboso in
esame: fare,
formulare una p.;
p.
esatta,
errata;
indovinare,
sbagliare la p.; p.
immediata, quella che
si riferisce all’evoluzione prossima del quadro morboso in atto;
p.
lontana, quella
riguardante l’esito finale (con terminologia latina,
prognosi quoad vitam,
relativa alla vita del paziente, che comprende la
p.
immediata e la
p.
lontana; e
p.
quoad valetudinem, che
riguarda la capacità di recupero funzionale dell’organismo);
p.
benigna (o
fausta),
riservata (cioè sospesa,
che non si pronuncia), infausta,
non benigna)
-
terapia
[terapia = curare malattie, è quello che il medico e soltanto il medico
può decidere, stabilire e prescrivere al paziente, alla conclusione
della procedura di diagnosi clinica]
- (Terapia
è il complesso dei mezzi e delle prescrizioni mediche che
hanno il fine di guarire una malattia. Trattamento sistematico di una
malattia, insieme dei provvedimenti, delle medicine atti a migliorare lo
stato di salute. Branca della medicina che si occupa dei metodi di cura
delle malattie. Il termine terapia deriva dal greco θεραπεία (therapeía).
Il concetto può essere inteso nell'accezione di guarigione come
finalità, oppure nell'accezione di "procedura verso la guarigione". In
ambito medico la terapia può intendersi come il trattamento di malattie
e ferite, e l'insieme dei metodi usati per la loro guarigione e per
alleviarne i sintomi. Le terapie sono misure aventi lo scopo di
riportare uno stato patologico a uno stato sano e rendere sopportabile
la manifestazione di sintomi disagevoli. Concretamente il significato di
terapia dipende quindi dalle definizioni di salute, patologia e dagli
strumenti diagnostici a disposizione per distinguerle tra di loro. Le
definizioni di salute e malattia lasciano numerosi margini di ambiguità.
Ippocrate citava come strumenti terapeutici del medico: il tocco, il
rimedio, la parola. Le terapie vengono solitamente classificate in
terapie farmacologiche, terapie chirurgiche, terapie preventive (o
profilassi), terapie di sostegno o supportive
quale ad esempio la psicoterapia, terapie riabilitative e
terapie palliative che alleviano i sintomi ma non sono finalizzate alla
guarigione (es. terapia del dolore). Tra le terapie riabilitative e
palliative troviamo: fisioterapia, pet therapy, musico terapia, psico
terapia, clown terapia, arte terapia, moto terapia ecc)
Da quanto su detto e considerando
le
disposizioni di legge italiane che riservano esclusivamente al medico
gli atti della diagnosi clinica e della terapia/cura delle malattie, ma considerando anche la struttura complessivamente
teorica e nozionistica del corso di laurea in psicologia e la struttura
dei percorsi formativi post-laurea per gli psicologi, si può senza
indugio concludere che lo Psicologo, avendo svolto studi universitari
sostanzialmente umanistici, non è professionista formato per eseguire le procedure di diagnosi clinica e prescrizione
di terapia, come su descritte.
Lo Psicologo non può farlo, inoltre, perchè se anche la legge gli
consentisse, per definizione formale, di eseguire atti clinici riservati finora solo ai medici, semplicemente non saprebbe
comunque farlo -nonostante le definizioni formali- per mancanza di studi
e formazione specifica. Lo Psicologo e anche lo
Psicologo-Psicoterapeuta, quindi, sia per ragioni legali, che per
ragioni di formazione universitaria e competenza, non può e non sa fare
diagnosi clinica come su descritta e non può e non sa stabilire e
prescrivere alcuna terapia nei confronti di nessun tipo di malattia
delle persone.
2.
DIAGNOSI PSICOLOGICA
In generale, la diagnosi psicologica,
eseguita dallo psicologo, è un processo di:
1) osservazione fenomenica della persona (osservare forma
e contenuti del linguaggio verbale e non verbale, memoria, percezione,
mimica, azioni, ecc)
2) inquadramento delle osservazioni in una cornice
formale riconosciuta dalla comunità scientifica ("cornice formale" sono
i diversi modelli teorici sull'Uomo, che la Psicologia ha sviluppato sin
dai primi del '900, e spesso molto diversi e in conflitto
fra loro)
3) elaborazione di ipotesi sui meccanismi di
formazione e mantenimento di quanto osservato (speculazioni
deduttive e ipotetiche sull'intra-mentale, che non si può direttamente osservare con
i metodi della psicologia)
Come si vede, dunque, la diagnosi psicologica, per
avere una certa consistenza non può fondarsi su dati oggettivi come
avviene nella diagnosi clinica, ma deve potersi fondare su
teorie e modelli
della mente umana (e ve ne sono a centinaia) e su quanto,
in base a queste teorie, viene
definito normale o non normale. La diagnosi psicologica è
cosa ben diversa dalla diagnosi clinica che si fa in medicina, perchè, a
differenza della diagnosi clinica, non può fondarsi su dati certi,
oggettivi e principalmente egualmente ripetibili nell'osservazione da parte di
più e differenti
osservatori, indipendenti l'uno dall'altro. La diagnosi psicologica,
quindi, resta una operazione soggettiva da parte di ogni singolo psicologo ed è molto affidata alle conclusioni personali che
elabora lo psicologo stesso, anche ciò dipendendo dalle teorie e modelli
di riferimento che il singolo psicologo adopera per "diagnosticare",
a secondo la "corrente" che ha seguito per laurearsi e formarsi.
Da quanto detto deriva che la diagnosi psicologica
è un atto conoscitivo e pragmatico relativo al livello del funzionamento
psicosociale del fenomeno osservato e, a causa della sua specificità,
non si pone in contraddizione o in contrapposizione, ma è pienamente
compatibile con altri interventi di diagnosi specialistica relativi a
livelli differenti di funzionamento dell’essere umano. Ciò significa che
la diagnosi psicologica, pur nei limiti che la caratterizzano, ben si integra con la diagnosi clinica-medica e
con la diagnosi fenomenologica, che vedremo.
La diagnosi psicologica può essere distinta in
diverse tipologie: 1) diagnosi descrittiva in cui vengono
osservate, individuate e classificate, in via del tutto ipotetica, (secondo
teorie e modelli di varia
tipologia), le funzioni psicologiche che sottendono un determinato
fenomeno osservato ed, eventualmente, la sintomatologia psicopatologica
associata; 2) diagnosi di sede in cui viene rilevata la sede
anatomica o funzionale della lesione; 3) diagnosi eziologica in
cui si individuano i meccanismi eziopatologici dei sintomi.
La cosiddetta
diagnosi di sede non va però confusa con la
diagnosi clinica anatomo-fisiologica che esegue il medico neurologo per accertare una
sede anatomica malata o lesa. Lo psicologo infatti non può fare nessun
tipo di diagnosi anatomo-fisiologica, nè dal punto di vista legale e
nemmeno dal punto di vista delle competenze. La diagnosi di sede
eseguita dallo psicologo, infatti, si riferisce ai risultati della
somministrazione di tests neuropsicologici che possono esitare in probabilità di
interessamento anatomo-fisiologico. Ma soltanto probabilità non è
diagnosi. Infatti lo psicologo deve consegnare i risultati del test al
medico neurologo o psichiatra, affinchè il medico possa addivenire
all'accertamento diagnostico.
La diagnosi psicologica, inoltre, non può includere
diagnosi differenziale clinica. La diagnosi differenziale clinica
infatti si riferisce alla competenza da parte del professionista, di
saper distinguere se uno stato di malessere della persona dipenda da, o
includa, fattori di causa organica e/o genetica, oltre che fattori di
organizzazione psicologica (pensiero, emozioni, ecc). Lo psicologo, data
la sua formazione umanistica, non è nelle condizioni di competenza e
nemmeno legali, per eseguire diagnosi differenziale clinica (nel
corso di laurea in psicologia sono completamente assenti studi di
anatomo-fisiologia normale e patologica, chimica, fisica, biologia,
biochimica, genetica ecc. così come sono completamente assenti semestri
di cliniche presso ospedali e reparti e sono assenti completamente studi
da laboratorio con uso del microscopio per lo studio citologico, ecc).
Lo psicologo,
all'università, ha studiato nozioni descrittive su questi argomenti, limitandosi alla lettura di
libri e dispense. (
vedi qui maggiori dettagli sulla identità sostanziale dello Psicologo e
sulla sua formazione ). Ad esempio: vi sono materie titolate quali "fondamenti anatomo-psicofisiologici",
che indurrebbero a credere che lo studente in psicologia sia edotto in
argomenti quali anatomia e fisiologia. Ma allo studente
in psicologia manca completamente la
propedeutica, cioè lo studio che deve precedere la comprensione di
anatomia e fisiologia e cioè quello in
chimica, fisica, istologia e laboratori di biologia:
agli studenti in Psicologia non fanno studiare queste materie.
In poche parole lo psicologo studia la descrizione di argomenti
del genere, senza però essere messo in grado di comprendere le relazioni
causa-effetto dei processi fisiologici, sia normali che patologici, per
il semplice fatto che non studia nulla di fisica, biochimica e istologia
e principalmente non ha mai visualizzato a mezzo
microscopio nemmeno un accenno di tessuto organico. Studia
la descrizione di come funziona una cellula, il neurone
(la cellula nervosa) o una trasmissione nervosa, ma,
per la mancanza della propedeutica di cui prima, non
può comprendere per mezzo di quali processi molecolari tali funzionamenti
avvengono (come può fare, per esempio, a sapere come avviene il
potenziale di azione e il
processo elettrochimico su base ionica, nel cervello, se non può capire
prima, anche dal punto di vista stechiometrico, ciò che avviene da atomo a ione?).
La diagnosi psicologica, nelle diverse accezioni
sopra menzionate e nelle diverse aree di applicazione, si avvale di una
pluralità di metodiche, specifiche per la tipologia di fenomeno
osservato. In linea generale, gli strumenti psicodiagnostici possono
essere distribuiti lungo un continuum che va dal minore al maggior grado
di formalizzazione: 1) l’osservazione
si avvale soltanto dello strumento osservativo e non implica
necessariamente un’interazione diretta fra psicologo e persona
osservata; 2) il colloquio psicologico non strutturato avviene
all’interno di una relazione diretta psicologo/persona, priva di schemi
pre-ordinati; esso verte tanto sul resoconto verbale della persona,
quanto sulla raccolta delle informazioni anamnestiche, che sulla relazione instaurata con la persona;
3) l’intervista strutturata si avvale di uno schema prefissato (a volte
anche di precise domande prefissate) per la conduzione del colloquio e
presuppone una formazione specifica, oltre quella professionale di base
richiesta per i primi due strumenti, per poter ottenere informazioni
affidabili e valide; 4)i test psicodiagnostici si avvalgono di una
strumentazione specifica per ciascuna categoria testologica a seconda
della natura del test stesso.
La concordanza inter-osservatore, l’affidabilità psicometrica e la
validità dei diversi strumenti varia in rapporto alla tipologia dello
strumento stesso in un range che va da livelli più bassi (osservazione
clinica) a livelli più alti (test psicodiagnostici). In linea generale,
la maggiore strutturazione dello strumento implica gradi
progressivamente superiori di validità incrementale per cui la maggior raffinatezza teorica e psicometrica dello
strumento utilizzato è proporzionale alla maggiore validità delle
predizioni effettuate.
Considerando lo specifico della diagnosi psicologica, la metodologia
quindi varia a seconda del livello di applicazione, dell’adeguatezza
dello strumento in rapporto al fenomeno oggetto di valutazione,
dell’affidabilità dello strumento e della competenza individuale del
professionista.
Conclusioni su Diagnosi Psicologica:
lo psicologo - sia lo psicologo semplice, che lo
psicologo/psicoterapeuta - è abilitato formalmente ad effettuare
attività di diagnosi psicologica in base all’art.1 della Legge n.56 del
1989, titolata Ordinamento della professione di Psicologo.
La psicologia è la scienza che studia il comportamento e le funzioni
mentali normali e patologiche. L’attività di diagnosi psicologica non
comprende al suo interno come caso specifico la
diagnosi
psicopatologica (psicopatologia qui
intesa quale disturbo mentale provocato da una malattia medico/organica) se non come probabilità diagnostica desunta dalla
somministrazione di tests e dall'osservazione della persona, da
sottoporre alla conferma dello psichiatra.
Tale posizione risulta consolidata storicamente, scientificamente e
giuridicamente. La diagnosi sulle funzioni psichiche normali e
patologiche si realizza attraverso una metodologia di competenza
specifica della professione di psicologo e nei limiti di queste
competenze lo psicologo non può sostituirsi alla definitiva diagnosi
clinica di esclusiva competenza medica.
Le abilità di base necessarie all’attività diagnostica, nei limiti su
descritti, sono pienamente contemplate nei percorsi formativi dello
psicologo.
La competenza individuale comprende strumenti, attività e settori di
applicazione per i quali il singolo psicologo ha adeguata formazione.
I limiti dell’attività diagnostica e la responsabilità giuridica dello
psicologo sono regolati dal Codice Deontologico oltreché dalla normativa
vigente in materia civile e penale.
3.
DIAGNOSI FENOMENOLOGICA, ESISTENZIALE e SITUAZIONALE
Gli strumenti adoperati dal
Counselor per questa forma di
diagnosi, sono, come per la diagnosi psicologica,
l'osservazione e il
colloquio. Non sono invece utilizzati i tests, perchè questi sono
esclusivi per la diagnosi psicologica. Tuttavia nell'utilizzo, da parte
del Counselor,
dell'osservazione e del colloquio, cambia l'oggetto di osservazione e
l'oggetto del colloquio, rispetto all'osservazione e al
colloquio svolti da parte dello Psicologo. Mentre infatti nella diagnosi psicologica
l'osservazione e il colloquio assumono ad oggetto la mente e i processi
mentali, nella diagnosi fenomenologica, esistenziale e situazionale
applicata dal Counselor,
l'oggetto è la situazione e le circostanze di vita della persona, i suoi
atteggiamenti nei confronti della realtà, le sue decisioni, abitudini,
strategie, stili di comportamento, scelte e azioni, per gestirsi nelle proprie situazioni di vita. Questa
forma di diagnosi viene eseguita dai Counselors. Tuttavia essa, con modalità simili
che "passano" attraverso l'attitudine ad osservare i processi mentali, può essere svolta anche dagli psicologi. Ovviamente questa
diagnosi oltre a non essere psicologica, non è nemmeno clinica.
I Counselors possono avere formazione,
specializzazione e qualificazione a diversi livelli, (vedi
dettagli su Counseling), incluse le formazioni e le specializzazioni
mediche, psicologiche e psicoterapeutiche. Questi counselors
multispecializzati e qualificati,
sono competenti per fare diagnosi da medico, psicologo o
psicoterapeuta (a secondo il tipo di laurea e specializzazione che
posseggono), ma organizzano l'intervento orientandosi alla mèta e
all'oggetto detto prima e non a quello che si assume quando la diagnosi è
clinica o psicologica. Nel counselor multispecializzato, in sostanza, non
vengono meno, ovviamente, le sue
competenze e le abilità, ma cambia l'organizzazione formale e di
contenuto del suo intervento, sia nella fase diagnostica che nella fase
del trattamento in counseling.
Il Counselor laureato, specializzato e qualificato
in Psicologia, Psicoterapia e/o Medicina, usa la propria competenza per
fare una diagnosi di esclusione/inclusione della patologia e/o della necessità di
avviamento alla
diagnosi psicologica o medico/clinica: in sostanza durante il colloquio
e l'osservazione, è inevitabile che questo tipo di Counselor, date le
sue specializzazioni psicologiche, cliniche e/o mediche, si accorga dei
vari elementi strutturali e funzionali della persona, ed è in grado di
includere quanto meno il sospetto di psicopatologia o di escluderlo.
La diagnosi del Counselor laureato,
plurilaureato e/o specializzato in psicoterapia o medicina, è allora quella
valutazione che, date le sue competenze specialistiche, gli consente di
riconoscere, durante i colloqui con i suoi assistiti, le caratteristiche
strutturali e funzionali della persona e del suo problema e gli
consente di decidere da specialista, se avviare o meno la persona al
medico o allo psicoterapeuta, in alcuni casi, oppure se seguirlo e
trattare la persona lui stesso in autonomia.
Questa tipologia di Counselor laureato e
specializzato in medicina e/o psicologia, nei primi colloqui effettua quindi una valutazione competente e
specialistica, utile a intercettare rapidamente il trattamento più
adeguato per ciascuna persona, evitandole dispendiosi e inutili giri da
uno specialista all'altro. Quando nella fase di valutazione iniziale viene escluso che serva l'intervento del medico
o dello
psicoterapeuta, procede con la diagnosi che gli è propria sulla situazione e
sulle variabili esistenziali della persona, per decidere la modalità di
trattamento in modalità
Counseling.
In pratica la diagnosi fenomenologica applicata
dalla tipologia di
Counselor specializzato, fornisce un prezioso servizio di chiarezza,
risparmio economico e rapida individuazione del più adeguato intervento
per ciascuna persona, caso per caso.
Sugli argomenti trattati in questa pagina,
suggerisco leggere anche il seguente documento che approfondisce alcuni
aspetti formali, legali e giuridici:
Parere Pro Veritate Psicologi.pdf
Chi è e cosa fa lo Psicologo
Chi è e cosa fa lo Psicoterapeuta
Chi è e cosa fa lo Psicoanalista
Chi è e cosa fa il Counselor
Il
Tariffario
Parcelle
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